Dalla  pensione di anzianità alla pensione anticipata
          Secondo la  disciplina vigente prima della riforma Fornero (e cioè la legge 247/2007), la  pensione di anzianità poteva essere conseguita se − sommando età anagrafica e  anzianità contributiva − si raggiungeva un coefficiente minimo (la  "quota"). Il valore della quota era destinato a crescere  progressivamente negli anni, fino a stabilizzarsi nel 2013 a 97 (per i  dipendenti) e 98 (per gli autonomi). L'unico caso in cui la pensione di  anzianità poteva essere conseguita senza alcun collegamento con l'età  anagrafica era quello in cui il lavoratore aveva maturato 40 anni di contribuzione.
          La riforma ha  modificato in profondità questo sistema, cancellando la possibilità di andare  in pensione col sistema delle quote, e introducendo la pensione anticipata, che  consente di andare in pensione prima dell'età di vecchiaia solo se si superano  i 41 anni e un mese di contributi (per le donne) e i 42 anni e 1 mese (per gli  uomini).Il requisito è destinato a crescere di un mese nel 2013 e nel 2014 ed  aumenterà con il miglioramento della speranza di vita. In ogni caso, ci sono  penalizzazioni sulla pensione per chi sceglie il pensionamento anticipato prima  dei 62 anni. La quota dell'assegno calcolata sui contributi accumulati entro il  2011 viene infatti tagliata dell'1% l'anno. Se si opta per andare in pensione  prima dei 60 anni, la forbice sarà del 2% l'anno.
          
        Pensione di  vecchiaia 
          Prima della riforma, l'età per accedere alla pensione di vecchiaia era fissata  a 65 anni per gli uomini, quale che fosse il settore di attività, mentre per le  donne si applicava un requisito differenziato in funzione del settore  lavorativo. 
          La  riforma stabilisce che, dal 1° gennaio 2012, l'età di pensionamento è fissata  per tutti i lavoratori dipendenti e autonomi e per le dipendenti del settore  pubblico all'età di 66 anni.
          Resta  in vita una differenza di trattamento per le donne del settore privato,  dipendenti e autonome, ma si prevede un periodo molto più breve per il  superamento di questo sfasamento. Il requisito sale a 62 anni nel 2012 (63 anni  e 6 mesi per le autonome), a 63 anni e 6 mesi dal 2014 (64 anni e 6 mesi per le  autonome), a 65 anni dal 2016 (65 anni e 6 mesi per le lavoratrici autonome) e,  infine, si stabilizza a 66 anni a partire dal 2018 (66 anni per le lavoratrici  autonome). 
          Questi  limiti di età sono destinati a crescere ulteriormente in virtù del meccanismo  di aggancio alle speranze di vita. La legge inoltre prevede una clausola di  salvaguardia, secondo la quale per tutti, uomini e donne, del settore pubblico  e del privato, l'età della pensione di vecchiaia non potrà comunque essere  inferiore a 67 anni dal 2021, anche qualora questo traguardo non fosse  raggiunto tramite gli adeguamenti alla speranza di vita. 
          Per  chi ha iniziato a lavorare dopo il 1° gennaio 1995, sarà possibile andare in  pensione prima, a 63 anni, con un'anzianità contributiva minima di 20 anni. La  condizione è che l'importo della prima mensilità di pensione sia almeno pari a  1,5 volte l'importo dell'assegno sociale. Chi raggiunge i 70 anni di età può  far valere anche solo cinque anni di contributi(la pensione è sempre calcolata  con il metodo contributivo).
        Contributivo pro rata 
          Il sistema contributivo è imperniato sulla logica della corrispettività:  l'importo della pensione deve essere calcolato sull'ammontare dei contributi  versati, dedotte le spese di gestione dell'istituto previdenziale. La riforma  Dini, nel sancire l'abbandono del sistema retributivo, aveva previsto la  salvaguardia di tale metodo di calcolo per le persone che avevano un'anzianità  contributiva pari ad almeno 18 anni. Tale regola viene abolita dal Dl 201/2011  che, nell'ottica di dare maggiore equità al sistema pensionistico, ha previsto  l'applicazione dal 1° gennaio 2012 del contributivo per tutti, senza  distinzioni (contributivo pro rata). Questa misura riguarderà solo i periodi di  lavoro successivi alla sua entrata in vigore.
          
        Requisiti  pensionistici e speranze di vita 
          Dal 2010 il nostro ordinamento pensionistico prevede l'aggancio automatico dei  requisiti anagrafici necessari per andare in pensione alle speranze di vita, al  fine di garantire l'equilibro nel lungo periodo delle gestioni previdenziali.  La logica del sistema è che quando la vita media aumenta, la permanenza al  lavoro deve essere più lunga, in modo che la maggiore durata della vita media  non si traduca in un maggior costo per il sistema previdenziale. L'aumento dei  requisiti dovrebbe verificarsi in maniera automatica, ogni volta che la  speranza di vita, rilevate con cadenza periodica dall'Istat, aumenta. Il  sistema è stato introdotto dalla legge 122/2010, che ne ha sancito  l'applicazione generalizzata a tutti i tipi di pensione: interessa sia l'età  anagrafica necessaria per la maturazione del diritto alla pensione di  vecchiaia, sia l'età minima e la quota richiesta per la maturazione del diritto  alla pensione anticipata, ma anche l'età anagrafica necessaria per maturare  l'assegno sociale. 
          Inizialmente  questo sistema doveva cominciare ad applicarsi dal 2015, ma dopo le manovre  della scorsa estate il meccanismo è stata anticipato al 1° gennaio del 2013. La  riforma Fornero ha lasciato inalterata questa data, ma ha ridotto il periodo  degli adeguamenti, che dopo il 2021 diventeranno biennali (in precedenza era  prevista la cadenza triennale). Alla data della prima scadenza (1° gennaio  2013), la legge prevede una crescita forfetaria dei requisiti per un periodo di  3 mesi.
        Lavori usuranti 
          Per coloro che svolgono lavori usuranti, la legge riconosce la possibilità di  accedere alla pensione con requisiti meno rigorosi rispetto a quelli ordinari.  La disciplina prevista per questi lavoratori è cambiata in maniera abbastanza  significativa a distanza di pochi mesi, nel corso del 2011.
          Secondo la legge  rientrano nella categoria i lavoratori che hanno svolto (per almeno sette degli  ultimi 10 anni e, a partire dal 2018, per almeno metà della vita lavorativa)  alcune specifiche attività lavorative: lavori in galleria, lavori nelle cave,  ad alte temperature, lavorazione del vetro, addetti alla catena di montaggio,  conducenti di autobus e pullman turistici. Sono ammessi al beneficio anche i  lavoratori notturni, a condizione che abbiano svolto lavoro notturno per almeno  64 notti l'anno. 
          Il  decreto legislativo 67/2011 riconosceva a questi lavoratori la facoltà di  accedere al pensionamento con un anticipo di tre anni rispetto all'età  anagrafica necessaria per la pensione di anzianità (58 anni invece che 61), a  condizione che si fosse raggiunta una quota di almeno 94 punti.
          Secondo  la nuova disciplina, per il 2012 chi ha svolto attività usuranti potrà andare  in pensione se raggiunge per intero le quote previste dall'abrogata legge  244/2007 per le pensioni di anzianità: pertanto, la somma di età anagrafica e  anzianità contributiva deve dare il risultato di 96, con almeno 60 anni di età  e 36 di contributi. Dal 2013 il requisito si fa ancora più stringente, in  quanto la somma tra età anagrafica e anzianità contributiva deve risultare 97,  con almeno 61 anni di età.
          La  riforma Fornero ha innalzato anche la quota necessaria per i lavoratori che  svolgono l'attività in turni e che lavorano di notte (almeno sei ore) per meno  di 78 giornate. Se si presta attività per 64/71 notti, viene richiesta per il  2012 quota 98 e 62 anni; quanti hanno accumulato da 72 a 77 notti devono  raggiungere quota 97 e 61 anni. Dal 2013, i requisiti salgono ancora: nel primo  caso, la quota deve risultare 99, con 63 anni di età, mentre nel secondo caso,  la quota è fissata a 98, con 62 anni di età.
          La  riforma, infine, mantiene in vita per i lavoratori usuranti il sistema delle  finestre.
        Aumento contributi autonomi 
          La riforma incrementa, dal 1° gennaio 2012, le aliquote dei contributi  previdenziali che dovranno versare i lavoratori autonomi (artigiani,  commercianti e coltivatori diretti), fino al raggiungimento del 24%. I  contributi a carico di tali soggetti cresceranno secondo un meccanismo graduale  che si conclude nel 2018. Dal 1° gennaio 2012, è previsto, anche l'aumento di  un punto delle aliquote contributive della Gestione separata dei collaboratori  coordinati e continuativi.
          
        Casse di previdenza private 
          Per alcune categorie professionali la previdenza è gestita tramite Casse  private, autonome rispetto alla previdenza generale. La riforma Fornero impone  l'adozione di alcune misure volte ad assicurare l'equilibrio di lungo periodo,  per evitare che si creino situazioni di squilibrio che possano richiedere  l'intervento pubblico. Le Casse dovranno adottare le misure necessarie per  assicurare l'equilibrio tra entrate contributive e spesa per prestazioni  pensionistiche per un arco temporale di 50 anni, entro il 30 giugno 2012. Per  gli enti inadempimenti, è prevista l'applicazione automatica del sistema di  calcolo contributivo pro rata (cioè, solo per il futuro), e l'applicazione di  un contributo di solidarietà, per il 2012 e 2013, a carico dei pensionati,  nella misura dell'1 per cento.
          
        Regime transitorio 
          La riforma previdenziale entra in vigore, per tutti, da oggi. Con alcune  eccezioni. 
          Restano  naturalmente immuni i lavoratori che avrebbero maturato i requisiti anagrafici  e contributivi entro il 2011, sulla base delle vecchie regole. Si si prevede  una regola di favore per i lavoratori dipendenti nati nel 1952, cui viene  riconosciuta la possibilità di uscire a 64 anni di età, se nel 2012 avrebbero  maturato il diritto quota 96 con almeno 35 anni di contributi; inoltre, per le  donne è consentito il pensionamento di vecchiaia con 64 anni, ma a condizione  che nel 2012 abbiano almeno 60 anni di età e 20 anni di contributi versati.
          Inoltre,  potranno continuare ad andare in pensione a 57 anni le lavoratrici dipendenti  (o a 58 le autonome) che hanno optato per il contributivo, a condizione che  abbiano accumulato almeno 35 anni di contributi, secondo il meccanismo  sperimentale introdotto dalla legge 243/2004. 
          Le  esenzioni sino qui elencate non sono soggette a limiti quantitativi; c'è invece  un altro gruppo, molto nutrito, di cause di possibile esenzione che potranno  essere fruite solo fino al raggiungimento di un plafond massimo di risorse: i  lavoratori autorizzati alla prosecuzione volontaria prima del 4 dicembre 2011,  le persone collocate in mobilità all'esito di una procedura di licenziamento collettivo,  sulla base accordi sindacali stipulati prima del 4 dicembre 2011, i lavoratori  collocati in mobilità lunga, sempre per effetto di accordi collettivi stipulati  entro il 4 dicembre 2011, e i lavoratori che in tale data erano già titolari di  una prestazione straordinaria a carico dei fondi di solidarietà di settore, i  dipendenti del settore pubblico destinatari dell'istituto dell'esonero dal  servizio.